“Il silenzio è l’essenza del cuore. Puoi essere nel tuo cuore solo se hai perdonato te stesso e gli altri…. Se vuoi vivere una vita spirituale, porta la tua consapevolezza al tuo respiro…. Solo se respiri profondamente….ti senti tranquillo e sicuro. I tuoi pensieri hanno rallentato il loro ritmo e sono diventati più unificanti. Il tuo pensiero ha trovato il suo centro e la sua dignità.” (Pag 7)
Il metodo indicato dall’autore che, ribadisce, essere soltanto uno strumento e come tale, ad esso non deve essere attribuita particolare importanza, è fondamentale per scoprire quella dimensione che ci compenetra e ci permette di contemplare serenamente gli eventi della nostra vita, incontrare le persone e comunicare con noi stessi.
Un modo di operare che appare in contrasto con la quotidiana frenesia a cui l’uomo contemporaneo è ormai assuefatto. Non appare semplice invertire la rotta e tentare una risalita controcorrente. Ma le indicazioni sono chiare, vale la pena di ascoltare le dimensioni interiori che confluiscono nell’ascolto del silenzio. Potremo forse scoprire che lo spazio non è così vuoto come appare. Una lettura rassicurante che si tramuta in dono: sensazione di pace e gratitudine profonda.
Il cibo degli Dei – Jasmueen – Macro Edizioni
L’autrice molto nota a livello internazionale per l’adesione a un gruppo dell’area oceanica che per primo ha intrapreso l’alimentazione pranica, da molti anni pratica meditazione e ricerca metafisica. È giunta a nutrirsi di luce liquida ottenendo il potere di rigenerazione a livello cellulare. Illuminata da una guida interiore ha percorso con costanza la pratica del digiuno, in questo modo si è assuefatta, nutrendo di luce i centri pranici. L’autrice fa suo il credo in base al quale l’esistenza corporea è una semplice fase di passaggio che si proietta verso forme più elevate. Come giungere a consumare meno cibo? Attraverso l’elevazione della propria coscienza, aumentando la frequenza vibrazionale è possibile sentire meno la necessità di nutrirsi. Attraverso la padronanza della mente, al di là delle limitazioni, delle compartimentalizzazioni, attraverso la respirazione tramite l’energia solare e altre pratiche vengono scoperte fonti non convenzionali che sono in grado di aumentare il prana. Jasmueen ci guida a scoprire un programma di alimentazione divina come strumento per il corpo ed equilibrio per la mente.
Il nutrimento dell’estasi, il cibo dell’amore incondizionato sono tutte forme di sostentamento. Appare fondamentale tener presente la necessità di disintossicazione emozionale attraverso liberazione da paura, rabbia, tristezza che debilitano il corpo e ne abbassano le frequenza vibratoria. E’ un’azione alchemica che permette la sintonizzazione a campi di armonia, pace e amore.
L’autrice termina il suo percorso affermando che ‘Il dono più grande del cibo degli Dei è il campo nutriente del Suo Amore’.
Milioni di farfalle – Eben Alexander – Mondadori
“Tramite la Sfera, Om mi disse che non esisteva soltanto un universo, ma molti – addirittura più di quanti potessi concepirne – e che al centro di ciascuno di essi c’era amore.
Il male era presente anche in tutti gli altri universi, ma soltanto in quantità appena percepibili. Il male era necessario perché senza di esso non sarebbe esistito il libero arbitrio, e senza il libero arbitrio non poteva esserci crescita: nessun progresso, nessuna possibilità di trasformarci in ciò che Dio aveva in mente per noi. Anche se talvolta in un mondo come il nostro, il male poteva sembrare orribile e imperante, in una dimensione più ampia era l’amore che dominava in modo schiacciante e che alla fine avrebbe trionfato. Vidi il rigoglio della vita negli innumerevoli universi, compresi quelli in cui l’intelligenza era di gran lunga più avanzata rispetto a quella dell’umanità. Capii che esistono infinite dimensioni superiori, ma che l’unico modo per poterle conoscere è entrarvi e viverle dall’interno. Non possono essere conosciute né tantomeno comprese da dimensioni inferiori.” (pag 55)
L’autore neurochirurgo e professore universitario racconta dettagliatamente la sua esperienza vissuta in una dimensione parallela dopo aver contratto una rara forma di meningite, situazione cha ha prodotto uno stato di coma durato sette giorni in cui il suo cervello era completamente spento. Ma una parte di lui estremamente vigile ha vissuto un’esperienza definita da lui stesso Paradiso. L’autore non aveva mai creduto alla vita dopo la morte pur essendone molte volte testimone. Il Dottor Alexander descrive con rigore scientifico lo stato in cui si trovava a livello fisico in cui era impossibile qualsiasi attività della corteccia cerebrale e altrettanto chiaramente definisce, pur tenendo conto della difficoltà che emerge nell’espressione verbale, l’esperienza da lui vissuta in un diverso piano della sua realtà multidimensionale.
“Sperimentare il pensiero extra cerebrale equivale a entrare in un mondo di connessioni istantanee che fanno sembrare il pensiero ordinario qualcosa di disperatamente lento e faticoso. Il nostro io più vero e profondo è completamente libero. Non è indebolito né compromesso da azioni passate e non è legato all’identità o allo status. Sa che non c’è ragione di temere il mondo terreno, e perciò non è necessario che si costruisca attraverso la fama, la ricchezza o la conquista. Questa è la vera essenza spirituale che tutti noi siamo destinati a recuperare un giorno.” (pag 89)
I Quattro Accordi – Don Miguel Ruiz – Edizioni il Punto di Incontro e Il Quinto Accordo – Don Miguel Ruiz – Edizioni il Punto di Incontro
‘La parola è magia pura, è il dono più potente che abbiamo a disposizione come esseri umani e la usiamo contro di noi. Progettiamo vendette, creiamo caos. Usiamo la parola per creare odio tra le razze, le persone, le famiglie e le nazioni e questo uso sbagliato crea e perpetua il sogno infernale. Usando male la parola ci denigriamo l’un l’altro, mantenendoci a vicenda in uno stato di timore e dubbio. Poiché la parola è la magia che gli esseri umani possiedono e il suo uso errato è magia nera, usiamo la magia nera continuamente, senza esserne coscienti’. (pag 41)
Dall’antica saggezza tolteca ci giungono chiarissime indicazioni per percorrere un sentiero nitido, definito, che ci conduca al di là della ristrettezza di vedute in cui navighiamo nel nostro faticoso incedere quotidiano.
I Toltechi erano gli antichi uomini e donne di conoscenza che vivevano migliaia di anni fa nel Messico meridionale. Maestri(nagual) e studenti si incontravano in un sito il cui nome significa “luogo dove l’uomo diventa Dio”. Nel corso dei secoli si videro costretti a nascondere la sapienza ancestrale al preciso scopo di difenderla da coloro che non erano abituati ad usarla saggiamente. Questa conoscenza esoterica tuttavia fu incarnata e trasmessa di generazione in generazione fino a giungere a noi. La conoscenza tolteca sorge dalla stessa verità unitaria racchiusa in tutte le tradizioni esoteriche del mondo, non è una religione, ma onora tutti i maestri spirituali che hanno insegnato sul nostro pianeta.
I quattro accordi descritti ci invitano ad essere impeccabili nella parola, rendendoci edotti della grande responsabilità che ci investe nel momento in cui la esterniamo. Ci invitano a non prendere nulla in modo personale, ricordandoci che il modo in cui gli altri si comportano con noi è una proiezione della loro realtà. Ci invitano a non fare supposizioni, ma comunicare, interagire con gli altri con chiarezza onde evitare fraintendimenti, questo accordo è in grado di trasformare completamente la nostra vita. Ci invitano infine a fare sempre del nostro meglio, in qualunque circostanza ci troviamo, facendo il massimo che è nelle nostre possibilità eviteremo rimpianti, giudizi e abusi di noi stessi.
Il rispetto di questi accordi sarà in grado di trasformare la nostra vita e avrà un ideale completamento nel Quinto Accordo, in cui il percorso si arricchisce di un nuovo spessore, e così sconfinando oltre i perimetri dell’autolimitazione, possiamo giungere ad un livello più profondo di consapevolezza in cui emerge il dominio del nostro Sé superiore che ci guiderà alla riscoperta del nostro potere: la libertà di essere ciò che siamo davvero. Saremo spronati a porre in dubbio ciò che definiamo reale, impareremo ad ascoltare ad un livello più profondo ed allora le risposte emergeranno chiare, incontrovertibili alla nostra attenzione.
Banchetto a Corte
Quel giorno nelle cucine di corte fervevano i preparativi per un importante banchetto. Il duca aveva invitato i più importanti membri della nobiltà per una grande cena. Non erano previsti balli o discorsi ufficiali, era un invito privato. Nelle cucine comunque non si chiedevano certo il vero motivo di tale avvenimento. I servi e i cuochi erano solo preoccupati che tutto funzionasse a dovere, che le carni fossero cotte a puntino, che i vini fossero buoni e non avessero preso il gusto dell’aceto e che i dessert fossero serviti col vino più dolce. Il salone dove si sarebbe svolto il grande banchetto era di una bellezza sfavillante. Delle candide tovaglie di Fiandra coprivano il lungo tavolo. I piatti erano di squisita porcellana, la posateria d’argento e i calici di prezioso cristallo. La tavola era inoltre impreziosita da incredibili decorazioni floreali. In un tavolo a parte facevano bella mostra due composizioni. In un grande piatto d’argento era stata sapientemente costituita una piramide composta da varie qualità di frutta colorata e verdi foglie. Tutto l’insieme creava un incredibile effetto scenico. In un altro piatto vari esemplari di selvaggina arricchiti da piume di pavone davano un’idea di grandiosità e costituivano la copia cruda delle carni che i convitati si apprestavano a consumare. Tre bimbetti, figli dei servi di cucina, sbirciavano dalla porta d’accesso del salone. Avevano gli occhi stralunati. Inoltre il salone brillava letteralmente a partire dal pavimento, agli specchi, ai lampadari e agli oggetti decorativi, segno della grande accuratezza adoperata nelle pulizie. Un cuoco li vide e li mandò via repentinamente
– Chi vi ha dato il permesso di venire qui, monellacci, guai a voi se ci riprovate, non è per voi questo posto. – I bimbi fuggirono in volata.
Cominciarono ad arrivare le prime carrozze con i più blasonati nobili del paese e fra il popolo serpeggiava una grande curiosità. Si vedevano nobili dame altezzose con preziosi e accurati vestimenti. Scendevano dalle carrozze con boria e a fatica degnavano a malapena di uno sguardo infastidito quei poveri cenciosi che si accalcavano intorno, incuriositi da quel grande avvenimento. Visi sporchi, sembravano spazzacamini, ma occhi vivi, intelligenti, meravigliati. Dimostravano di essere felici perché quel giorno sarebbero riusciti a vedere da vicino la nobiltà. Naturalmente erano tenuti a debita distanza dalle guardie. Quanti occhi stupiti, bocche spalancate, erano felici come non mai. Quello spettacolo durò parecchio tempo, alla fine si potevano contare diciotto carrozze. I poveri abitanti della zona avevano assistito a un grande avvenimento. Quella sera erano felici. Alcuni si erano avvicinati alle cucine per sapere cosa avessero mangiato i nobili, ma rimasero delusi quando una guardia li mandò via. Il gruppetto si disperse e molti tornarono alle loro case, altri tra cui i tre ragazzini che avevano sbirciato la sala da pranzo reale, vollero restare lì tutta la sera per vedere ancora una volta quei grandi signori e quelle splendide dame. Se occorreva sarebbero stati svegli tutta la notte. Le carrozze comunque avevano l’ordine di tenersi pronte e i cocchieri debitamente istruiti non osavano allontanarsi.
Le ore passavano e i cocchieri ad uno ad uno piombavano dalla stanchezza seduti al loro posto di guida. Il gruppetto era sempre attento e non si voleva perdere nulla dell’avvenimento. Dalle alte finestre della sala da pranzo reale giungevano suoni confusi, risate fragorose, musiche allegre. Col passar del tempo la confusione sembrava aumentare, le risate erano sempre più sguaiate e le musiche sempre più malinconiche. I bimbi ansiosi scrutavano tutto con curiosità. Era quasi l’alba quando la musica, che peraltro sembrava sempre più annoiata, all’improvviso cessò. Poco dopo si aprì il grande portale ed ecco finalmente apparire i grandi nobili. Non sembravano più quelli di prima. Si sentivano risate volgari miste ad acidi rimproveri proferiti dalle nobildonne. Quasi tutti gli uomini si poteva ben capire che erano ubriachi fradici e le consorti che tentavano disperatamente di mantenere una qualche sorta di decoro erano molto deluse dai mariti. Dalle loro immagini imbellettate traspariva comunque una grande amarezza. I cenciosi ragazzini erano molto divertiti da quelle succulente scenette e pensavano che il giorno dopo avrebbero avuto di che raccontare a tutto il paese. Alcuni uomini poi sembravano proprio dei maiali, ridevano sputavano e dicevano delle volgarità così disgustose da far avvampare di rossore persino i cocchieri presenti. Per non parlare delle mogli che erano a dir poco furibonde. E ognuna in cuor suo già meditava vendetta. I bimbi ridevano e si vergognavano in vece del comportamento abominevole di quegli uomini. Quando l’ultima carrozza partì stava spuntando il sole. I bambini crollavano per il sonno ma erano ansiosi di raccontare ciò che avevano visto quella notte. Nelle cucine intanto riprendeva il lavoro per i servitori che dovevano riordinare il grande salone, che aveva un aspetto a dir poco disgustoso. La grande tavolata che aveva visto tanti ospiti illustri sembrava un campo di battaglia. Ovunque calici rovesciati con vistose macchie di vino rosso sulle candide, ma solo in origine, tovaglie di Fiandra. Avanzi di carne ovunque anche in terra. Le due grandi composizioni di frutta e selvaggina sembrava fossero state oggetto di un diabolico tiro a segno. Giacevano rimasugli di tutto un po’, in ogni dove della grande sala. C’erano persino avanzi di crema dolce sul grande lampadario di cristallo. In un angolo nascosto poi c’era il risultato di un grosso disturbo di stomaco occorso a qualcuno dei presenti; emanava un discreto fetore. I poveri servi rimasero allibiti. Per la prima volta in vita loro assistevano ad un tale scempio. C’erano spesso dei banchetti ufficiali, ma un tale comportamento non si era mai verificato. I bambini intanto si davano d’attorno per informare tutti quelli che vedevano, di ciò a cui avevano assistito. Ma la gente era incredula, era convinta che i ragazzini volessero burlarsi del duca e quasi nessuno credeva ai loro racconti. Solo dopo due giorni il duca si riprese da quella cena tra amici
