Quel giorno nelle cucine di corte fervevano i preparativi per un importante banchetto. Il duca aveva invitato i più importanti membri della nobiltà per una grande cena. Non erano previsti balli o discorsi ufficiali, era un invito privato. Nelle cucine comunque non si chiedevano certo il vero motivo di tale avvenimento. I servi e i cuochi erano solo preoccupati che tutto funzionasse a dovere, che le carni fossero cotte a puntino, che i vini fossero buoni e non avessero preso il gusto dell’aceto e che i dessert fossero serviti col vino più dolce. Il salone dove si sarebbe svolto il grande banchetto era di una bellezza sfavillante. Delle candide tovaglie di Fiandra coprivano il lungo tavolo. I piatti erano di squisita porcellana, la posateria d’argento e i calici di prezioso cristallo. La tavola era inoltre impreziosita da incredibili decorazioni floreali. In un tavolo a parte facevano bella mostra due composizioni. In un grande piatto d’argento era stata sapientemente costituita una piramide composta da varie qualità di frutta colorata e verdi foglie. Tutto l’insieme creava un incredibile effetto scenico. In un altro piatto vari esemplari di selvaggina arricchiti da piume di pavone davano un’idea di grandiosità e costituivano la copia cruda delle carni che i convitati si apprestavano a consumare. Tre bimbetti, figli dei servi di cucina, sbirciavano dalla porta d’accesso del salone. Avevano gli occhi stralunati. Inoltre il salone brillava letteralmente a partire dal pavimento, agli specchi, ai lampadari e agli oggetti decorativi, segno della grande accuratezza adoperata nelle pulizie. Un cuoco li vide e li mandò via repentinamente
– Chi vi ha dato il permesso di venire qui, monellacci, guai a voi se ci riprovate, non è per voi questo posto. – I bimbi fuggirono in volata.
Cominciarono ad arrivare le prime carrozze con i più blasonati nobili del paese e fra il popolo serpeggiava una grande curiosità. Si vedevano nobili dame altezzose con preziosi e accurati vestimenti. Scendevano dalle carrozze con boria e a fatica degnavano a malapena di uno sguardo infastidito quei poveri cenciosi che si accalcavano intorno, incuriositi da quel grande avvenimento. Visi sporchi, sembravano spazzacamini, ma occhi vivi, intelligenti, meravigliati. Dimostravano di essere felici perché quel giorno sarebbero riusciti a vedere da vicino la nobiltà. Naturalmente erano tenuti a debita distanza dalle guardie. Quanti occhi stupiti, bocche spalancate, erano felici come non mai. Quello spettacolo durò parecchio tempo, alla fine si potevano contare diciotto carrozze. I poveri abitanti della zona avevano assistito a un grande avvenimento. Quella sera erano felici. Alcuni si erano avvicinati alle cucine per sapere cosa avessero mangiato i nobili, ma rimasero delusi quando una guardia li mandò via. Il gruppetto si disperse e molti tornarono alle loro case, altri tra cui i tre ragazzini che avevano sbirciato la sala da pranzo reale, vollero restare lì tutta la sera per vedere ancora una volta quei grandi signori e quelle splendide dame. Se occorreva sarebbero stati svegli tutta la notte. Le carrozze comunque avevano l’ordine di tenersi pronte e i cocchieri debitamente istruiti non osavano allontanarsi.
Le ore passavano e i cocchieri ad uno ad uno piombavano dalla stanchezza seduti al loro posto di guida. Il gruppetto era sempre attento e non si voleva perdere nulla dell’avvenimento. Dalle alte finestre della sala da pranzo reale giungevano suoni confusi, risate fragorose, musiche allegre. Col passar del tempo la confusione sembrava aumentare, le risate erano sempre più sguaiate e le musiche sempre più malinconiche. I bimbi ansiosi scrutavano tutto con curiosità. Era quasi l’alba quando la musica, che peraltro sembrava sempre più annoiata, all’improvviso cessò. Poco dopo si aprì il grande portale ed ecco finalmente apparire i grandi nobili. Non sembravano più quelli di prima. Si sentivano risate volgari miste ad acidi rimproveri proferiti dalle nobildonne. Quasi tutti gli uomini si poteva ben capire che erano ubriachi fradici e le consorti che tentavano disperatamente di mantenere una qualche sorta di decoro erano molto deluse dai mariti. Dalle loro immagini imbellettate traspariva comunque una grande amarezza. I cenciosi ragazzini erano molto divertiti da quelle succulente scenette e pensavano che il giorno dopo avrebbero avuto di che raccontare a tutto il paese. Alcuni uomini poi sembravano proprio dei maiali, ridevano sputavano e dicevano delle volgarità così disgustose da far avvampare di rossore persino i cocchieri presenti. Per non parlare delle mogli che erano a dir poco furibonde. E ognuna in cuor suo già meditava vendetta. I bimbi ridevano e si vergognavano in vece del comportamento abominevole di quegli uomini. Quando l’ultima carrozza partì stava spuntando il sole. I bambini crollavano per il sonno ma erano ansiosi di raccontare ciò che avevano visto quella notte. Nelle cucine intanto riprendeva il lavoro per i servitori che dovevano riordinare il grande salone, che aveva un aspetto a dir poco disgustoso. La grande tavolata che aveva visto tanti ospiti illustri sembrava un campo di battaglia. Ovunque calici rovesciati con vistose macchie di vino rosso sulle candide, ma solo in origine, tovaglie di Fiandra. Avanzi di carne ovunque anche in terra. Le due grandi composizioni di frutta e selvaggina sembrava fossero state oggetto di un diabolico tiro a segno. Giacevano rimasugli di tutto un po’, in ogni dove della grande sala. C’erano persino avanzi di crema dolce sul grande lampadario di cristallo. In un angolo nascosto poi c’era il risultato di un grosso disturbo di stomaco occorso a qualcuno dei presenti; emanava un discreto fetore. I poveri servi rimasero allibiti. Per la prima volta in vita loro assistevano ad un tale scempio. C’erano spesso dei banchetti ufficiali, ma un tale comportamento non si era mai verificato. I bambini intanto si davano d’attorno per informare tutti quelli che vedevano, di ciò a cui avevano assistito. Ma la gente era incredula, era convinta che i ragazzini volessero burlarsi del duca e quasi nessuno credeva ai loro racconti. Solo dopo due giorni il duca si riprese da quella cena tra amici