L’Astro

Da seme mi son trovato immerso in questa terra fredda e a fatica ho affondato le radici che col tempo mi sono accorto quanto fossero resistenti. Poi il mio germoglio ha cominciato a crescere, ha perforato la dura superficie e finalmente ha cominciato a vedere la luce. Quanti sconvolgimenti ha subito la mia crescita dal normale alternarsi del giorno e della notte alla sofferenza patita per la mancanza d’acqua. Quando la terra risultava particolarmente asciutta cercavo disperatamente di affondare ancora di più le radici inaridite, cercavo di spingerle sempre più in basso ricercando un prezioso ristoro. Per fortuna però, anche nei periodi di siccità, dopo il giorno, che a me sembrava sempre più lungo, arrivava la notte. Allora sentivo un dolce ristoro, col cadere della rugiada, tentavo di protendere le mie lunghe foglie quanto più potevo, sperando di carpire tutta l’umidità che mi offriva il cielo. Di notte finalmente sentivo il mio corpo respirare e un gioioso rinnovamento mi permeava. Poi al mattino, allo spuntar del sole iniziava il mio tormento, che aumentava sempre più col crescer delle ore, ma sapevo comunque che sarebbe presto o tardi arrivata la sera. Speravo solo di poter resistere. Poi arrivavano i periodi delle piogge. I primi giorni erano una vera benedizione. Le mie radici si colmavano di linfa vitale e tutto il mio corpo era pervaso da un infinito benessere. Ma più durava la pioggia, più mi sentivo abbattuto. Il mio corpo era pesante, faceva fatica a respirare e quando il peso diventava troppo opprimente, si abbandonava a terra, spossato. A volte mi sentivo quasi annegare, ero calpestato dall’acqua che scivolava tra le rocce e gli esigui spazi di cui si era impadronita la mia terra. Poi miracolosamente smetteva di piovere e con grande fatica stendevo dapprima le mie foglie che piano piano scrollavano di dosso l’acqua in abbondanza, poi infine il mio gambo stordito ritrovava la sua naturale posizione. Sono vissuto tra le bufere. Cominciavo a chiedermi per quale motivo questo mio esistere dovesse essere così tormentato, ma mi rendevo conto che non ero solo, accanto a me un universo di vita come la mia si perdeva al mio orizzonte. Pensavo comunque che il limite di questo orizzonte non costituisse il limite per la vita che vedevo attorno, vicino e lontano da me che fosse. Poi un giorno capii. Le giornate erano sempre più tiepide e uno strano sconvolgimento avveniva dentro di me. Facevo fatica a capire cosa sarebbe accaduto. Il mio corpo cresceva e si trasformava, andava aumentando alla sommità. Un giorno sbocciai, ero uno splendido astro di montagna. Ero una vera delizia per gli insetti che venivano ad ammirarmi. Ero una grande attrazione per le api che mi visitavano e prelevavano il mio polline prezioso. Ero proprio un fiore elegante, mi sentivo fiero. Il mio colore era viola chiaro, molto brillante e il mio cuore giallo intenso.Quella stagione, che udii chiamar estate, da alcuni turisti che visitavano la mia montagna, fu molto intensa. Vissi un vero paradiso, al mio orizzonte potevo ammirare fiori variopinti, splendide creature che come me avevano sofferto gli elementi. Vedevo però tristemente anche, molte piccole piante, che non avevano avuto la forza di sopportare le avversità e ora apparivano spente, si vedeva che soffrivano per non essersi realizzate. Vegetavano tristemente, invidiando un po’ la splendida fioritura di molte di noi. Comunque la mia vita si realizzava in un bellissimo prato montano. Io ero nato nella parte più rocciosa, infatti sentivo che alcune delle mie radici erano andate ad incontrare la roccia. Accanto a me erano fiorite anche delle stelle alpine. Più lontano, dove la terra era più abbondante, avevano preso dimora altri tipi di fiori. Anche loro erano molto belli, formavano quasi delle nuvole colorate, per lo più gialle, azzurre e bianche. La mia vita aveva corso un grave rischio, ci fu infatti un giorno che temetti fortemente di morire. Una marmotta infatti aveva scavato una tana ed era venuta a sbucare poco lontano da me. Come un terremoto aveva portato fuori un’enorme quantità di terra e sassi, poi si era fermata sull’uscio curiosando tutt’attorno, sembrava proprio soddisfatta. Girò il capo verso l’alto e quando balzai alla sua vista, lei quasi ebbe un momento di incertezza. Interpretai il suo comportamento come un segno di rispetto, di tutti i fiori che vedevo attorno a me ero forse il più fiero, il più imponente. Fatto stà che quando appariva sull’uscio vedevo che spesso mi osservava con una certa curiosità. Quell’estate molti turisti si accorsero della mia presenza anche perchè la mia dimora era posta proprio sopra la tana della marmotta, che regolarmente scappava, non appena qualcuno tentava di avvicinarsi troppo. Ma poi se rimanevano delusi dalla sua fuga erano nel contempo ripagati dalla vista del mio fiore, che a sentire i loro commenti doveva essere particolarmente bello. Ero proprio fiero di me, avevo sofferto molto nella mia breve vita, ma mi ero reso conto che tutto ciò era indispensabile in vista del futuro. Il risultato finale mi ripagava dei tormenti. La parte più bella e più importante di me era sbocciata. Fu una lunga estate; un altro dolce ricordo fu il suono dei campanacci delle mucche al pascolo. Mi resi conto che fortunatamente il mio seme aveva posto le radici ad un’altezza che per le mucche era eccessiva, avrei rischiato altrimenti di perire sotto il peso di qualcuna di loro. Di quell’estate conservo anche dei tristi ricordi. Rammento infatti come molti fiori furono inavvertitamente e irrimediabilmente calpestati dagli scarponi dei turisti, che spesso non se ne accorgevano neppure. O a volte, cosa ancora più grave, lo facevano addirittura di proposito. La mia vita ebbe termine col finire dell’estate. Eravamo a settembre inoltrato, la temperatura diminuiva sempre più, anche se il sole era ancora molto caldo. Di giorno quando il sole era coperto da nuvole, i pochi turisti che ancora si avventuravano sulla mia montagna, erano sempre più imbottiti da pesanti giacconi. La mia bellezza cominciava a sfiorire, ma quell’estate avevo incontrato molti occhi amorosi e sapevo che sarei rimasto per sempre nei loro ricordi. L’ultima cosa che vidi fu un gruppo di turisti che scendevano canticchiando allegramente la montagna. Uno di loro si allontanò dal gruppo e venne verso di me. Era una giovane ragazza dagli occhi nocciola e i capelli castani. Mi guardò con gioia e, quasi chiedendo perdono, mi strappò dalle radici. Leggevo nel suo pensiero e capii che non aveva un animo cattivo. Aveva voluto prendermi con sè perchè aveva capito che tanto tra breve tempo sarei morto. Stava pensando comunque che le mie radici, che avevo inesorabilmente abbandonato, avrebbero dato nuova vita in futuro, per me invece il futuro era segnato. Mi portò a casa con sè, appiattì delicatamente le mie foglie e i miei sottili petali e mi chiuse delicatamente fra le pagine del suo quaderno di poesie.