-Ehi tu, ehi tu che stai sorvolando la mia palude, fermati, ti voglio parlare! –
Una grande farfalla dalle splendide ali variopinte stata perlustrando quell’angusto acquitrino.
Vide un serpentello che faceva capolino dalla riva e incuriosita decise di fermarsi, si posò sulla foglia di una canna e interrogò quella voce che l’aveva chiamata:
– Ciao, ma tu chi sei e perchè stai nascosto nell’acqua? –
Il serpentello ghignava fra sè.
– Io sono un serpente d’acqua e questo è il mio habitat naturale, ma tu splendida creatura alata dimmi, giungi forse dall’arcobaleno, tanto sono belli i colori delle tue ali? –
La farfalla vanesia prese a dischiudere le ali, era consapevole della sua bellezza e altro non desiderava che ricevere dei complimenti.
– Ma che bel complimento, grazie, lo so di avere delle belle ali e so anche che molti me le invidiano –
– Ah si, e perchè te le invidiano, lo sai forse tu? –
– Ma come, me le invidiano per la loro bellezza e vorrebbero averle, non desidereresti anche tu avere delle ali così belle? –
– Dimmi, meravigliosa creatura, a cosa ti servono quelle splendide ali? –
– Ma che domanda, mi servono per volare? –
– Ma tu da dove vieni? –
– Io sono nata nel grande prato, lontano da qui, se tu potessi vedere gli splendidi fiori del prato, scopriresti che il colore delle mie ali non è poi tanto eccezionale, o mamma mia ma cosa sto facendo, se la mamma scoprisse che ho dato confidenza ad estranei, mi metterebbe in punizione, devo scappare subito –
– Ma tu cara farfalla puoi considerarmi un amico –
– La mamma si arrabbierebbe se sapesse che ho sorvolato la palude, mi ha detto che qui è pieno di pericoli –
– Cara amica, questo non è vero e per dimostrarti la mia sincerità ti farò visitare il mio acquitrino così potrai scoprire che non esistono pericoli –
– Come posso sapere se sei sincero? –
– Devi fidarti del tuo istinto, cara farfalla! –
La farfalla decise di fidarsi del serpentello.
– Seguimi –
Il serpentello prese a nuotare nel laghetto, la farfalla si elevò in volo dalla foglia di canna e dall’alto prese a seguire il piccolo serpente.
– Ecco vedi, questo è il mio amico ranocchio –
Il ranocchio intimorito dal serpentello di colpo si ammutolì.
– Caro ranocchio la mia amica farfalla mi ha detto che s’è sparsa una strana voce nel prato; si dice che la nostra palude sia piena di pericoli, hai mai sentito cosa più inverosimile di questa? –
– Pericoli, qui da noi, e quali sarebbero questi pericoli, noi non ne conosciamo –
– Visto che siamo diventati amici vi dirò cosa si dice di questa palude a patto che manteniate il segreto –
La farfalla si era posata sulla punta di una canna ondeggiante.
– Cara farfalla se non puoi fidarti dei tuoi amici a chi dovresti dare confidenza ? –
– Allora, caro ranocchio e caro serpente, si dice che nella palude animali mostruosi mangino le farfalle –
– Ma dimmi tu, caro serpente, se hai mai sentito una simile assurdità – disse il ranocchio al serpente.
– Ti hanno raccontato una cosa non vera, ma chi potrebbe mangiare una farfalla bella come te? – disse il serpentello guardando di sottecchi il ranocchio.
– Ti faccio una proposta per dimostrarti la nostra amicizia, sorvola in lungo e in largo la nostra palude e poi raccontaci se hai incontrato dei pericoli –
– Va bene amici, volerò intorno e poi vi racconterò cos’ho visto –
La farfalla vanesia prese ad ispezionare la zona. Incontrò parecchie libellule e tentò di interrogarle, ma da loro non ottenne alcuna risposta; volavano velocemente, pareva avessero una gran fretta. Incontrò poi numerose zanzare di palude e neppure da loro ottenne risposta. Ritornò così dal ranocchio e dal serpentello.
– Posso dirvi con sincerità che questo è un posto ben strano, oltre a voi due amici miei, gli altri animali che ho incontrato si sono dimostrati davvero scostanti, una libellula per poco mi ha investito e non si è nemmeno scusata e le zanzare non mi hanno neanche degnato di uno sguardo –
– Ma che sentono le mie orecchie – disse il ranocchio al serpentello – se abbiamo la fama di una grama ospitalità è forse anche comprensibile, che le libellule e le zanzare fossero così scortesi con gli amici è davvero deplorevole, non l’avrei mai immaginato! –
– Quando tornerò a casa racconterò tutto alla mamma così vedrà che non esiste pericolo nella palude, anche se certi insetti sono davvero scortesi ho trovato due grandi amici –
Il ranocchio e il serpentello ghignavano sotto i baffi.
– Cara farfalla – disse il serpentello – data la nostra amicizia mi permetto di chiederti un grosso favore, sai fin da piccolo ho sognato di avere le ali e di volare sopra il mio acquitrino, la natura ha stabilito che io dovessi nuotare nell’acqua, ma prima di morire vorrei tanto vedere il mio mondo dall’alto –
“Che attore consumato” pensava fra sè il ranocchio.
– Caro serpente come vorrei accontentarti, ma se ti presto le mie ali poi io non posso più volare –
– Sarebbe solo per poco tempo, non vorresti esaudire l’ultimo desiderio di un vecchio amico? –
– Ebbene si, non è forse vero che l’amicizia è sacra, e allora si, ti presterò le mie ali –
Il ranocchio stentava a reprimere una grande risata, quella farfalla rappresentava la quintessenza della dabbenaggine.
– Grazie farfalla, dovrai venire più vicino, io non posso salire sulla canna –
E così la farfalla volò a sfiorare lo specchio d’acqua e si posò sulla foglia di una ninfea che emergeva.
– Eccomi qua – e così dicendo con l’aiuto delle zampe posteriori si tolse le ali e le posò sul dorso del serpente.
Il serpente felice come non mai e ancora incredulo iniziò a spiegare le ali e si accorse con suo grande stupore che poteva davvero volare!
Il ranocchio al colmo dello stupore osservava il serpente volare dimenticando quasi di avere sotto mano una preda davvero succulenta.
Il serpentello incredulo osservava il suo mondo dall’alto, possibile che il suo folle sogno si fosse davvero realizzato?
Guardava dall’alto la palude umida e fangosa e lontano intravide il grande prato dove viveva la povera farfalla stolta. Le splendide ali della farfalla erano davvero il debole riflesso della grande bellezza di quel vasto prato. I raggi del sole parevano far letteralmente brillare le corolle dei fiori multicolori. Api dorate e farfalle variopinte volavano su quel tiepido manto verde tempestato di colori e una brezza soave creava un’atmosfera di sogno.
Il serpente si pentì di aver ingannato la farfalla.
“Non è posto per te la mia palude, farfalla vanesia, tu devi vivere in quel prato” si diceva fra sè il serpentello.
Tornò indietro verso il suo acquitrino sperando di arrivare in tempo. Mano a mano che s’allontanava dal prato fiorito e prossima si faceva la sua palude, vedeva la grande differenza di quei due mondi: dai tiepidi raggi solari che facevano brillare i colori alla folta bruma della palude che ovattava i pallidi contorni delle canne e delle acque color del piombo. Solo una farfalla stolta avrebbe potuto inoltrarsi in quella foschia spettrale.
Era la prima volta in vita sua che vedeva una farfalla così bella e che, grazie a lei, vedeva dall’alto il suo mondo, nessuno in tutta la sua vita gli aveva fatto un simile dono.
Doveva assolutamente tornare dalla farfalla e renderle le sue ali, prima che il ranocchio la divorasse.
“Non arriverò mai in tempo” si disse fra sè il serpente.
La farfalla stolta guardava con gioia il serpentello volare con le sue ali e disse:
– Caro ranocchio come sono felice, sento di aver fatto una buona azione –
Il ranocchio sempre più stupito esitava a ingoiare la farfalla.
Era turbato, non poteva credere che una simile creatura si fosse lasciata ingannare così stupidamente, ma ciò che lo stupiva di più era che le ali della farfalla potessero davvero far volare il serpentello.
– Cosa fai con la bocca spalancata, non sei contento che il tuo amico abbia esaudito un suo grande desiderio? Guarda sta per ritornare! –
La farfalla ondeggiava le antenne felice come non mai.
– Ci sei riuscito, caro serpente, hai volato con le mie ali, ce l’hai fatta! –
– Ranocchio, non farlo! Te lo proibisco! – urlò il serpentello.
Il ranocchio risvegliato all’improvviso dai crampi allo stomaco e avendo davanti a sè quel comodo insetto non esitò oltre e con un balzo spalancando la grande bocca ingoiò la povera farfalla.
Il serpentello addolorato da quella visione cadde nell’acqua, le sue ali all’improvviso non sopportarono più il suo peso.
– Ti avevo detto di non farlo ranocchio malefico –
– Sei diventato matto, quella farfalla ti ha fatto perdere la ragione –
– Se tu avessi visto il mondo dove vivono le farfalle non avresti più il coraggio di mangiarle –
– A grullo cosa vuoi che mi importi del mondo delle farfalle, a me interessa il buon saporino che resta nella mia bocca –
– Vergognati, pensi solo a mangiare –
– E a cosa dovrei pensare, a volare? –
Il serpentello si vergognava di aver ingannato una povera farfalla stolta. Il suo sacrificio però non sarebbe stato vano. Il volo che aveva potuto fare gli aveva mostrato un altro mondo, ma ora cosa gli restava? Due splendide ali variopinte! Le staccò dal dorso e le pose ad asciugare in alto sopra la foglia di una canna.
“Che vergogna” si diceva fra sè il serpente “questo sacrificio non sarà stato vano. Quando queste ali saranno asciutte volerò ancora sul grande prato e avviserò tutte le farfalle di stare alla larga dalla palude”.
Il manto della notte oscurò anche la palude e il canto del ranocchio si diffuse per l’aria.
– Piantala, stanotte non ti sopporto –
Il serpentello non riusciva a dormire.
– Va bene ricambierò il favore –
– Quale favore? –
– Visto che per merito tuo mi sono gustato una deliziosa farfalla, ricambierò il favore cucendomi la bocca –
– E’ meglio che te la cuci davvero se non vuoi che ti stritoli –
Il ranocchio scrollò le spalle e si zittì all’istante.Finalmente la notte terminò e la fitta nebbia si dissipò, quella mattina insolitamente serena portò caldi raggi solari a scaldare la palude; le ali della farfalla lucenti più che mai si specchiavano in quella luce dorata. Il serpentello le pose sul suo dorso, ma si accorse che non volavano più, si erano come irrigidite. I colori brillavano ancora, ma… non avevano più vita. Il serpente tentò ancora e ancora di spiegare le ali, ma invano, le ali erano rigide.E il serpentello pose le ali sopra la foglia di una canna, dove ancora oggi è possibile vederle per chi si trovasse a sorvolare l’angusto acquitrino.
Il serpentello pentito dal suo gesto sconsiderato continua a nuotare nella palude pensando a quella povera farfalla che gli aveva dimostrato la sua amicizia arrivando a donargli persino le sue ali.
Il ranocchio satollo nuota tranquillo nell’acquitrino compiendo frequenti incursioni subacquee; al termine del giorno il suo pranzo è sempre garantito da zanzare e insetti vari.
Il tempo passò, quanto non lo sapremo mai, ma il serpentello non potè mai dimenticare quella farfalla stolta che per un attimo gli donò le sue ali e gli fece scoprire la visione di un altro mondo, diverso dal suo.