Il Mattino di Azzurrina

Era proprio una strana stagione, quella, per gli abitanti del grande prato. Infatti ultimamente accadeva con frequenza quasi inquietante che alcune creature perdessero parzialmente la memoria…
Accadde quel mattino proprio alla coccinella Azzurrina, era una splendida coccinella: una lucente corazza arancio brillante era il suo mantello… Vagava sconsolata nella parte più rocciosa del grande prato, proprio là nei pressi di un allegro torrente, dove sassi scoscesi, ammantati di soffice muschio, emergevano solenni. Dalla cima del sasso più alto ammirava il prato e strani pensieri confondevano la sua mente: aveva in sé la sensazione di avere già visto tutto ciò, ma era uno strano ricordo, come se tutto ciò che conosceva fosse diverso.
“Oh povera me! Forza e coraggio, dopotutto mi sembra uno splendido giardino, ora lo visiterò ben bene, sperando di ricordare…”
Dall’alto della roccia in cui si trovava vedeva un imponente fiume trasparente scorrere a valle zampillando fra le rocce, il sole brillava sulla superficie dell’acqua riflettendo la luce come purissimo cristallo. All’improvviso vide stagliarsi davanti a sé un meraviglioso arco di colori, tanto repentina fu quella visione che cadde, stupefatta, letteralmente a zampe all’aria. L’arco era composto da colori brillanti, ma alla sua vista apparivano densi, quasi corposi.
“Povera Azzurrina, non avrai scordato anche me spero?”
L’imbarazzo della coccinella crebbe fortemente.
“Io sono l’arcobaleno, ricordi, nasco dall’acqua e rifletto la luce del sole, la magia dei miei colori appare come in un lampo, ma veloce giungo e veloce scompaio, solo talvolta permango più a lungo, dipende tutto dall’acqua…”
La coccinella non fece a tempo a riprendersi che già lo splendido spettacolo era scomparso lasciando in lei un piacevole stupore. Ripresasi e corroborata dalla frescura emanata da quel luogo decise di scendere più a valle verso il prato. Camminava faticosamente perché le tenaci foglioline del muschio sovente le facevano solletico e così sbuffando si fermava a grattarsi. La vegetazione era verde intenso e molto compatta infatti la terra che tutto sosteneva si intravedeva appena, a tratti… Con grande sollievo discese la parte rocciosa, abbandonando il muschio orticante. Giunse al di là della parte rocciosa dove regnava sovrana la dicondra. Ora sì che poteva muoversi agevolmente sopra quelle foglioline tondeggianti. Emergeva a tratti qualche pianta di fragola da cui frutti rossi e lucenti emanavano un profumo davvero invitante. Giunse così vicino ad una fragola che a causa del suo peso si era adagiata su una tonda foglia di dicondra, con notevole sollievo per tutta la pianta. Ricordando di avere appetito decise di ringraziare quel succoso frutto che si offriva a lei e con vero piacere l’assaporò: era davvero succosa e profumata, fresca come l’acqua e tiepida perché riscaldata dalla luce del sole. Fece davvero un gran bel spuntino e ringraziò la pianta per il dono inatteso.
“Non c’è di che” la pianta parlava per bocca di un fiore.
“Sono io, sono il fiore vicino alla fragola che hai appena mangiato. Anch’io tra poco sarà una bellissima succosa fragola e delizierò i sensi di una coccinella bella come te.”
“Cosa hai detto? coccinella?”
“Ah, ecco un’altra smemorata, se non ci fossimo noi a sostenere la situazione e a ricordare il senso del prato, andremo nella più completa confusione, ma non ti preoccupare, è una situazione passeggera, ricorderai poi tutto, col tempo… Molti animaletti come te stanno dimenticando, sono confusi e turbati, è una strana stagione per il nostro prato. Ti consiglio solo di restare serena e non fare domande in giro, sai ci sono dei fiori e delle piante dispettose che potrebbero darti delle informazioni fuorvianti…”
Il saggio fiore di fragola aveva a cuore la sorte degli amici animali, per ora la memoria delle piante non perdeva colpi e il loro ruolo proseguiva inalterato nel tempo, non osava chiedersi, lui, il saggio fiore di fragola, che cosa sarebbe accaduto se le piante avessero iniziato a dimenticare, forse lui ad esempio non sarebbe più diventato una fragola, ma al solo pensiero rabbrividì, nonostante i caldi raggi del sole…
La coccinella satolla e deliziata proseguiva la sua passeggiata nel grande prato. Un profumo soave colpì i suoi sensi, davanti a lei una grande campanella viola si chinava fino a terra.
“Come sei bella” disse la coccinella al grande fiore ”senti, se dovesse piovere potrei mettermi qui vicino a te, come se fossi il mio ombrellino?”
Non fece a tempo a porre l’interrogativo che un improvviso scroscio d’acqua si abbattè attorno.
“Che tempismo, certo, puoi restare finchè vuoi”
Le pareti della campanella erano viola trasparenti e lassù una corda giallo dorata dalla forma di ancora comunicava piacevolmente con un’ape indaffarata.
“Pista, io sto lavorando, spostati”
Azzurrina non fece a tempo a spostarsi che una nuvola di polverina gialla la investì e la fece starnutire potentemente. Un altro scroscio d’acqua si abbattè attorno al fiore.
“Che maniere, occhio, non sei mica solo, eh?” l’ape apostrofò il merlo responsabile dell’accaduto, evitando miracolosamente di essere investita da quel diluvio. Infatti un bellissimo merlo atterrato ai bordi del ruscello aveva deciso di farsi un bel bagno, ma tanto era concentrato che non udì minimamente le vive proteste dell’ape.
“Stai attenta” disse il fiore ad Azzurrina “quel merlo è peggio del diluvio, potresti annegare…”
Fortunatamente il bagno fu rapido e il merlo sgarbato volò via andando a posarsi sopra la quercia.
Azzurrina ammirava estasiata le gocce d’acqua sulla dicondra. Tonde, perfette, trasparenti. Con le zampe anteriori volle raccogliere una goccia e miracolosamente la percepì densa, quasi un cuscino su cui posare il capo…Vide così il suo volto riflesso e notò l’incredibile trasparenza dell’acqua.
“Dipende tutto dall’acqua” ricordò che aveva detto l’arcobaleno.
“Chissà che vuol dire, ha l’apparenza di un segreto” disse fra sé.
Bevve di quell’acqua dalla densa consistenza, ma dal sapore fresco ed invitante…
Proseguì la scoperta del grande prato facendo attenzione a non scivolare in quei cuscini d’acqua, ma pur ponendo molta attenzione, un paio di volte si ritrovò suo malgrado a zampe all’aria, scoprì così di divertirsi un mondo.
Incontrò allora una grande pianta dalle lunghe foglie seghettate e vellutate, al centro un grande fiore giallo, dai petali sottili e lunghi, troneggiava nel cuore della pianta. Magicamente attratta dal fiore, risalì a fatica le lunghe foglie e i sottili petali fino a giungere al suo cuore, poi si riposò.
“Ho udito il tuo pensiero, non si direbbe mai, ma io sono un soffione, in realtà sono il fiore del tarassaco, ma tutti mi ricordano come il soffione, sì di solito sono più alti di me, io sono la razza nana, ma per gli sprovveduti come te è meglio che io sia così.” Voleva riferirsi all’altezza, infatti i normali soffioni avevano solitamente uno stelo molto più lungo.
Stupita la coccinella, si chiese perché tutti, lì, apparissero così sapienti.
”Non offenderti se dico che sei sprovveduta, ma scusa perché fai tanta fatica ad arrampicarti in ogni dove, quando puoi tranquillamente volare?
Lo stupore crebbe, ma Azzurrina ricordò l’avvertimento del saggio fiore di fragola, meglio non fare domande…
Osservava dal centro del fiore il prato attorno a sé, osservava la quercia e vide in alto il ramo dove si era posato il merlo.
“Volare, anch’io potrei volare?” si disse fra sé.
Il soffione non rispose ma mise a disposizione i suoi petali affinché divenissero un buon giaciglio per tutto il tempo che Azzurrina avrebbe voluto rimanere lì.
E così rimase lì, la coccinella, forse per tanto e tanto tempo, a riflettere su tutto quello che aveva udito nel suo viaggio nel grande prato. Stava lì nel cuore del fiore e sentiva i suoi petali che respiravano alla luce del sole, i caldi raggi portavano antiche memorie, era come se le raccontassero delle storie. Sentiva questo tepore su tutta se stessa, le zampe si sgranchivano e la corazza arancione sembrava fondersi con questo colore, si sentiva crescere, diventare più grande, le tensioni svanivano e si accorse che la corazza aveva nascosto delle grandi, meravigliose, trasparenti ali! Il suo corpo cresceva e si librava nell’aria. Il tarassaco sotto di lei diventava sempre più piccolo. Vide tutto dall’alto, tutto il prato, il ruscello, la fragola, la campanella viola, il fiore giallo, ma non solo, si accorse che quello che aveva visto nel suo faticoso vagabondare era solo un piccolo, piccolissimo settore di quel prato. E si accorse che ai limiti del grande prato, altri prati, sempre più grandi si perdevano a vista d’occhio. Salì in alto, ancora e ancora e giunse a posarsi su un ramo della grande quercia. Sotto di lei un merlo smemorato stava ancora scrollando le ali, aggiustandosi le piume bagnate.
“Sì dipende tutto dall’acqua” le aveva detto quel mattino l’arco di colori nato nei pressi del ruscello, ora lo aveva capito anche lei.