I Colori del Paese dei Cristalli

C’era una volta un bellissimo angioletto che viveva nel paradiso dei cristalli. Dovete sapere che questo paradiso era un’enorme estensione, uno spazio senza fine, in cui si poteva osservare a perdita d’occhio una varietà infinita di cristalli di ogni forma e dimensione. Erano tutti cristalli purissimi e trasparenti da cui emanavano splendide vibrazioni di colore, ogni sfumatura di colore che mente umana possa immaginare era contenuta in quei cristalli. La fonte delle vibrazioni che percepiva il nostro angioletto rimaneva però a lui sconosciuta, ma appariva ben chiaro l’utilizzo di quei colori perché quello era il suo compito principale, era infatti tenuto a controllare che tutto fluisse regolarmente e che ogni colore trovasse il suo spazio nel mondo degli umani.
E non era raro, guardando in alto verso il cielo, vedere questo angioletto affacciarsi dal suo paradiso, comodamente sdraiato sopra una nuvola, scrutare laggiù verso la Terra degli uomini per controllare che la disposizione dei colori fosse corretta. Per mezzo di un procedimento alquanto misterioso le vibrazioni di colore rendevano dinamica ogni forma di vita che Dio creava sulla Terra. Queste vibrazioni fluivano costanti dai cristalli costituendo l’alimento inestinguibile delle creature della sfera terrestre, le quali non sapevano che ci fossero leggi particolari  alla base dell’attivazione dei loro programmi vitali, ma tutto avveniva per loro in maniera naturale. Il nostro angioletto assolveva perfettamente il suo compito e Dio era fiero di lui. Era un angioletto bellissimo, proprio come quelli che si incontrano nelle favole, era piccolo, come un bambino di pochi anni, la pelle chiara, i capelli castano con dei bellissimi riccioli morbidi che incorniciavano il viso. Ma il suo carattere era inquieto e molto curioso e benché assolvesse perfettamente il suo ruolo non si accontentava mai, la sua curiosità lo spronava a cercare di capire sempre un po’ di più il significato delle cose che costituivano il suo mondo. Aveva intuito che ogni cristallo aveva un ruolo preciso, però non riusciva a capire chi avesse creato quelle splendide strutture che continuavano a rigenerarsi con cristalli sempre nuovi. La sua innata intelligenza lo portava a porsi sempre domande nuove, sentiva che gli mancavano molte informazioni, ad esempio voleva cercare di comprendere maggiormente la vita delle creature, così come si esprimeva sul pianeta Terra. Da lassù, dalla sua postazione di privilegio egli poteva osservare non solo la Terra, a cui lui era preposto, ma tutti i pianeti del sistema solare e una buona parte dell’universo. Egli si sentiva magneticamente attratto dal globo terrestre perché la bellezza e la varietà di forme di vita che osservava su questo bellissimo pianeta non aveva confronto con altri pianeti da lui analizzati e non capiva per quale motivo un privilegio così grande fosse toccato proprio a lui. Moltissimi pianeti ruotavano nelle loro orbite spaziando nel cielo sconfinato, ma nessuno era bello come la Terra. E così si trovava spesso ad osservare con sguardo sognante la sua Terra che da lassù appariva davvero incantevole. Poteva distinguere dall’alto gli oceani sconfinati azzurro intenso, i poli della terra ammantati dai ghiacci perenni, foreste verdissime, prati disseminati dai fiori multicolori, deserti sconfinati color oro, terre arate e coltivate dai contadini che mostravano sorprendenti gradazioni di colore. In cuor suo, osservando l’infinita varietà di forme e sfumature, pensava che se non fosse stato a conoscenza delle leggi spirituali implicate avrebbe certamente considerato che ciò che osservava fosse prodigioso. Poi esaminava gli uomini e gli animali e si stupiva ad osservare quell’intricata serie di rapporti che regolavano le relazioni fra le varie specie. Spesso distoglieva lo sguardo dall’osservazione dei comportamenti perché faceva fatica a capire reazioni che lui considerava brutte, ma lì saggiamente si fermava e pensava fra sé che certe cose non le avrebbe mai capite e ritornava semplicemente ad eseguire il controllo a cui era preposto. Osservava quei flussi di energia colorata emanata dai cristalli che come onde nel mare, dal suo paradiso si irradiavano verso la Terra vitalizzando le creature. E poi tornava con lo sguardo contemplativo e vagabondo a sprofondare nelle nuvole bianche e compatte che a lui apparivano come morbidi cuscini ovattati, guardava giù verso la Terra. Notava il fascino delle fasi lunari che cambiavano con l’esposizione al sole. Vedeva che quando il sole illuminava la Terra, in quella parte che veniva chiamata giorno, gli uomini erano svegli ed attivi e non solo gli uomini, ma anche gli animali e i fiori dei prati che si schiudevano ai primi raggi al mattino, mentre la parte in ombra che veniva chiamata notte, riposava silenziosa, i suoni cessavano e le creature andavano a dormire. Una parte delle creature vegliava e un’altra parte riposava. Lui osservava dall’alto del suo cielo ed era sempre sveglio, neppure capiva cosa volesse dire dormire. Si chiedeva incuriosito cosa facessero le persone quando dormivano, la fase del sonno a lui appariva alquanto misteriosa perché non l’aveva mai sperimentata… E pensò che per meglio capire avrebbe dovuto avvicinarsi a quel pianeta ed entrare nella sua orbita, avrebbe dovuto farne parte… cercò di avvicinarsi, ma fu colto da un sentimento nuovo, era molto simile allo stato d’animo che percepiva nell’osservazione dei brutti comportamenti delle creature terrestri. In effetti pensava che in un pianeta così meraviglioso tutto dovesse scorrere nell’armonia. Questo nuovo sentimento che sentiva in cuor suo era così forte che lo trattenne dall’avvicinarsi alla Terra. Per la prima volta nella sua esistenza il nostro piccolo angelo aveva sperimentato la paura, ma lui ancora non ne era cosciente. Rimase turbato da quella sensazione e il cristallo che era in lui iniziò impercettibilmente ad offuscarsi. Il suo cristallo personale era molto speciale perché conteneva, al contrario degli altri cristalli, molti colori, era una specie di cristallo arcobaleno. Quei cristalli  infatti erano molto particolari perché erano i cristalli delle creature angeliche e la sede delle creature angeliche era appunto il paradiso. Il nostro piccolo angelo vedendo nella Terra tali meraviglie non voleva arrendersi all’idea e così giorno dopo giorno, al di là dei timori che percepiva senza riuscire a capire, si avvicinava sempre di più alla sfera terrestre. Ciò che più lo affascinava era osservare i bambini giocare tra di loro. Vedeva molti bambini, in quei tempi sulla Terra, anzi a lui sembrava ce ne fossero sempre di più…
Li vedeva passeggiare coi genitori o coi nonni, poi ne vedeva a gruppi, nei parchi, nelle spiagge, nelle scuole. Giocavano tra di loro, imparavano coi grandi, a volte litigavano, ma poi sembrava che tutto passasse rapidamente e ancora li osservava che giocavano, correvano, sembrava proprio che si divertissero moltissimo. Essi avevano a disposizione giocattoli di tutti i tipi, biciclette, palloni colorati. Aveva capito che con i giochi i bimbi della Terra imparavano a diventare grandi. Lui era sempre lì nel suo paradiso però si sentiva solo, in verità aveva un ruolo importantissimo,  chissà quanti bambini della Terra se avessero saputo dell’esistenza del paradiso dei cristalli lo avrebbero invidiato e avrebbero voluto essere al suo posto… Giorno dopo giorno, col passar del tempo, questi pensieri occupavano sempre più la sua mente, diventava sempre più sensibile ai pensieri dei bimbi, dei genitori, dei nonni. Aveva capito che molti genitori desideravano avere dei bambini perché con i bambini si stava proprio bene. Così si trovava ad osservare i papà e le mamme che facevano i loro progetti e sognavano di avere dei bei bambini e diceva fra sé: -Ah se potessi essere un bambino e avere dei genitori che mi vogliono bene, non mi sentirei solo come adesso e poi potrei giocare con altri bambini.- Il nostro angioletto sognatore ormai trascorreva tutto il suo tempo a fare progetti. E così accadde durante un sogno ad occhi aperti che il nostro piccolo angelo trovò i ‘suoi’ genitori speciali. La prima volta che li vide rimase affascinato: stavano passeggiando in riva al mare osservando il volo dei gabbiani. Era la spiaggia di una bellissima cittadina di mare, era la stagione primaverile ed iniziava a far caldo, loro passeggiavano a piedi nudi lungo la riva lasciando che le onde del mare confondessero le loro orme. La ‘sua’ mamma era bellissima, aveva capelli lunghi castano scuro con dei morbidi riccioli, proprio come i suoi, il ‘suo’ papà aveva i capelli molto corti, così corti che quasi non si vedevano, ma sentiva che sarebbe stato un papà specialissimo. Passeggiavano e pensavano come sarebbe stato bello avere un piccolo bimbo che camminasse insieme a loro e raccogliesse le conchiglie portate dalle onde del mare. Loro non sapevano che un piccolo angelo, davvero speciale, lì stava osservando dal suo paradiso e aveva deciso di sceglierli come genitori.
Un pargoletto si muoveva nella culla. La mamma e il papà felici come non mai, osservavano il loro piccolo bimbo, era davvero piccolo, aveva poche settimane di vita. I genitori erano stupiti perché da diversi giorni, durante il sonno, il loro bimbo all’improvviso si metteva a sorridere. Era davvero buffo, ricordava tanto quelle creature che spesso si trovano nelle favole e che molti chiamavano gnomi o folletti. Erano creature dall’innato senso dell’umorismo che all’improvviso si mettevano a ridere ed era davvero difficile capire perché lo facessero, però il loro riso era davvero contagioso. Chi li ascoltava sentiva un desiderio irrefrenabile di ridere e non poteva trattenersi. Si incontravano queste creature specialmente nei boschi, loro infatti li amavano moltissimo perché costituivano il loro habitat naturale. Intrattenevano sovente colloqui con altre creature dei boschi con le quali si stabiliva un’immediata intesa, erano animati dalla stessa gioiosa energia.
– Ma guarda il nostro piccolo com’è contento, chissà cosa starà sognando…- disse la mamma rallegrata nel vedere il piccolo così felice.
Ed infatti il bimbo stava facendo un sogno molto piacevole e in quel momento riviveva la discussione che aveva avuto col folletto delle betulle. Stava passeggiando al margine di una radura e stanco di camminare si era fermato sotto una pianta di betulla. Un folletto che normalmente dimorava sulle alte chiome, per fare uno scherzo al piccolo, si era messo a dondolare sopra uno dei rami più bassi della pianta, così facendo le foglie più esterne ondeggiando verso il basso facevano il solletico al suo naso, il bimbo risvegliato anziché arrabbiarsi col folletto scoppiò in una sonora risata. Il folletto stupito e deluso si chiedeva come mai il bimbo non fosse infastidito.
– Caro il mio folletto, tu non lo sai che nei sogni non ci si può addormentare e così lo scherzetto questa volta te l’ho fatto io, ih ih ih…pensavi che dormissi eh?-
– Che strano bimbo sei! I bambini di solito si addormentano anche nei sogni e così io posso fare gli scherzetti, ma con te non si può, pazienza, andrò nel sogno di un altro bambino…-
Questo bimbo faceva tanti sogni bellissimi, ma erano così reali che non rammentava più se sognava o se era sveglio. Era un bambino fuori del comune, nei sogni di notte era come se fosse sveglio e di giorno era come se sognasse ad occhi aperti.
– Sai folletto, le betulle sono fra gli alberi più divertenti, non lo pensi anche tu?-
– Certo, perché pensi che io ami dondolarmi fra i rami, perché sono molto ‘saltellanti’ e creano un’enorme quantità di ombra e luce. –
– Ombra e luce…- ripeteva il piccolo e gli parve di ricordare qualcosa, rimase colpito da queste parole, nella sua mente si creavano immagini nuove.
All’improvviso gli tornarono alla mente le orbite dei pianeti attorno al sole, ombra-luce, ora ricordava, ma da lassù tutto appariva così lento… Il folletto delle betulle col suo dondolio fra i rami, fra ombra e luce, gli aveva ricordato un altro bellissimo sogno: la fonte dei cristalli e il flusso costante dei colori che danzava verso la terra degli uomini. Nel suo paradiso non c’erano le ombre, solo cristalli purissimi che emettevano colori. Iniziava dentro di lui a farsi strada la più bella storia del mondo. Ora ricordava la sensazione di paura che aveva provato avvicinandosi alla terra, era la paura di dormire e non poter più vedere la fonte delle luci colorate. Ora invece aveva compreso com’era stato fortunato, aveva capito che il sonno gli serviva per rivivere la sua esistenza nel cielo. Aveva capito, ora che aveva un papà e una mamma, che poteva vivere due volte, di giorno sulla terra e di notte poteva rivivere la sua vita vera, quella più luminosa, quella che non aveva bisogno della fase dell’ombra.
I genitori contagiati dal buon’umore del piccolo si sorpresero a sorridere divertiti.
– Forse starà ricordando dei bei momenti vissuti quando era ancora fra gli angeli del cielo.- rispose il papà con sguardo divertito e amorevole.