Ho scoperto che la vita persiste in mezzo alla distruzione, e quindi deve esserci una legge più alta di quella della distruzione. Soltanto sotto questa legge una società bene ordinata sarebbe intelligibile e la vita degna di essere vissuta. E se questa è la legge della vita, dobbiamo attuarla nella vita di ogni giorno. Dovunque ci siano discordie, ogniqualvolta vi troviate di fronte a un avversario, vincetelo con l’amore. Nella mia vita ho proceduto in questa semplice maniera. Ciò non significa che tutte le mie difficoltà siano risolte. Però ho visto che questa legge dell’amore ha risposto come la legge della distruzione non ha mai fatto. Non che io sia incapace d’ira, per esempio; ma in quasi tute le occasioni riesco a dominare i miei sentimenti. Qualunque sia il risultato, vi è sempre in me uno sforzo consapevole per seguire la legge della non violenza, deliberatamente e incessantemente. Quanto più mi applico a questa legge, tanto più sento la gioia della mia vita, la gioia nello schema dell’universo. Essa da una pace e un senso dei misteri della natura, che non sono in grado di descrivere.
Tratto da: Al di là del mondo degli opposti
Quando i mistici orientali ci dicono che essi percepiscono tutte le cose e tutti gli eventi come manifestazioni di una fondamentale unicità, ciò non significa che essi asseriscano che tutte le cose sono uguali. Essi riconoscono l’individualità delle cose, ma nello stesso tempo sono consapevoli che tutte le differenze e tutti i contrasti sono relativi, all’interno di un’unità che tutto comprende. Poiché nel nostro stato di coscienza normale questa unità di tutti i contrasti – e in particolare unità degli opposti – è estremamente difficile da accettare, essa costituisce uno degli aspetti più sconcertanti della filosofia orientale. Tuttavia è un’intuizione che sta alle radici stesse della concezione orientale del mondo.Gli opposti sono concetti astratti che appartengono al mondo del pensiero e in quanto tali sono relativi. Con il solo atto di concentrare la nostra attenzione su un qualsiasi concetto noi creiamo il suo opposto. Come dice Lao-tzu “tutti nel mondo riconosciamo il bello come bello; in questo modo si ammette il brutto: Tutti riconosciamo il bene come bene; in questo modo si ammette il non-bene”. Il mistico trascende questo mondo dei concetti intellettuali, e nel trascenderlo diventa consapevole della relatività e del rapporto polare di tutti gli opposti. Egli si rende conto che buono e cattivo, piacere e dolore, vita e morte non sono esperienze assolute che appartengono a categorie diverse, ma sono semplicemente due facce della stessa realtà: le parti estreme di un tutto unico. Raggiungere la consapevolezza che tutti gli opposti sono polari, e quindi costituiscono un’unità, è considerato nelle tradizioni spirituali dell’oriente una delle più alte mete dell’uomo. “Sii eterno nella verità, al di là delle opposizioni terrene” è il consiglio di Krsna nella Bhagavad Gita, e lo stesso consiglio viene dato ai seguaci del Buddismo. Per esempio, D.T.Suzuki scrive: “L’idea fondamentale del Buddismo è di superare il mondo degli opposti, un mondo costruito dalle distinzioni intellettuali e dalla corruzione delle emozioni, e di comprendere il mondo spirituale della non- distinzione, che comporta il conseguimento di un punto di vista assoluto”.
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I fisici moderni dovrebbero perciò essere in grado di raggiungere una comprensione profonda di alcuni dei principali insegnamenti dell’Estremo Oriente col metterli in relazione con le esperienze che essi hanno nel loro specifico settore di studio. In effetti, un piccolo ma crescente numero di giovani fisici ha trovato così il più valido e stimolante approccio al misticismo orientale. Nella fisica moderna, esempi di unificazione di concetti opposti si possono trovare a livello subatomico, dove le particelle sono sia distruttibili sia indistruttibili, dove la materia è sia continua sia discontinua e dove forza e materia sono soltanto aspetti diversi dello stesso fenomeno.
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Posti di fronte a una realtà che giace al di là della opposizione dei concetti, i fisici e i mistici devono adottare un modo di pensare particolare, nel quale la mente non si fissa nello schema rigido della logica classica, ma continua a muoversi e spostare il suo punto di vista. Nella fisica atomica, per esempio, attualmente siamo abituati a usare sia il concetto di particela sia quello di onda nella nostra descrizione della materia. Abbiamo imparato a destreggiarci con queste due rappresentazioni, passando dall’una all’altra e viceversa, per essere all’altezza della realtà atomica. Questo è precisamente il modo di procedere dei mistici orientali quando cercano di interpretare la loro esperienza di una realtà al di là degli opposti. Come dice il Lama Govinda, “il modo orientale di pensare consiste soprattutto nel girare intorno all’oggetto della contemplazione… un’impressione sfaccettata, cioè pluridimensionale che si forma dalla sovrapposizione di singole impressioni ottenute da punti di vista differenti”.
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Niels Bohr fu ben consapevole della corrispondenza tra il suo concetto di complementarità e il pensiero cinese. Durante una sua visita in Cina, nel 1937, quando la sua interpretazione della meccanica quantistica era già stata completamente elaborata, egli fu profondamente colpito dall’antica idea cinese di opposti polari, e da allora conservò un profondo interesse per la cultura orientale. Dieci anni più tardi fu fatto nobile in riconoscimento dei suoi notevoli risultati scientifici e per gli importanti contributi alla vita culturale danese; e quando gli fu chiesto di scegliere un soggetto adatto al suo stemma, la sua scelta cadde sul simbolo cinese del T’ai Chi che rappresenta la relazione di complementarità degli archetipi opposti Yin e Yang. Scegliendo questo simbolo per il suo stemma assieme al motto Contraria sunt complementa (gli opposti sono complementari), Niels Bohr riconobbe una profonda armonia tra l’antica saggezza orientale e la scienza occidentale moderna.
Tratto da: La fisica moderna
Quando provò a bombardare gli atomi con le particelle alfa, Rutherford ottenne risultati sensazionali e del tutto inaspettati. Ben lungi dall’essere particelle dure e solide come si riteneva fin dall’antichità, gli atomi risultarono costituiti da una vasta regione di spazio nella quale particelle elementari piccole – gli elettroni – si muovevano attorno al nucleo, legati a esso da forze elettriche. Non è facile avere un’idea dell’ordine di grandezza degli atomi, tanto essa è lontana dalla nostra scala macroscopica. Il diametro di un atomo è circa un centesimo di milionesimo di centimetro. Per visualizzare questo minuscolo oggetto, immaginate un’arancia che cresca fino a raggiungere le dimensioni della Terra. A questo punto gli atomi dell’arancia sarebbero grandi come ciliegie, strettamente impacchettate in un globo delle dimensioni della Terra: ecco un’immagine ingrandita degli atomi di un’arancia.
Un atomo, quindi, è estremamente piccolo rispetto agli oggetti macroscopici. Tuttavia è enorme se confrontato col suo nucleo, che sta al centro. Nella nostra immagine degli atomi-ciliegie, il nucleo di un atomo sarebbe così piccolo che non potremo vederlo. Se facessimo crescere l’atomo fino alle dimensioni di un pallone da calcio, o anche fino alle dimensioni di una stanza, il nucleo sarebbe ancora troppo piccolo per essere visibile ad occhio nudo. Per poter vedere il nucleo dovremmo far crescere l’atomo fino alle dimensioni della più grande cupola del mondo, quella della basilica di San Pietro a Roma. In un atomo di quelle dimensioni il nucleo sarebbe grande quanto un grano di sale! Un grano di sale nel centro della cupola di San Pietro e granelli di polvere che gli turbinano intorno nell’enorme vastità della cupola: in questo modo possiamo raffigurarci il nucleo e gli elettroni di un atomo.
Subito dopo la nascita di questo modello ‘planetario’ dell’atomo, si scoprì che il numero di elettroni presenti negli atomi di un elemento ne determina le proprietà chimiche, e oggi sappiamo che può essere ricostruita l’intera tavola periodica degli elementi aggiungendo successivamente protoni e neutroni al nucleo dell’atomo più leggero, quello dell’idrogeno, e il corrispondente numero di elettroni al suo ‘guscio’ atomico. Le interazioni tra gli atomi danno luogo ai vari processi chimici, cosicché in linea di principio è oggi possibile comprendere tutta la chimica sulla base delle leggi della fisica atomica.
Queste leggi tuttavia non furono facili da riconoscere: esse vennero scoperte negli anni Venti da un gruppo internazionale di fisici che comprendeva il danese Niels Bohr, il francese Louis de Broglie, gli austriaci Erwin Schroedinger e Wolfgang Pauli, il tedesco Werner Heisenberg e l’inglese Paul Dirac. Questi uomini unirono le loro forze al di là di tutte le frontiere nazionali e diedero vita a uno dei periodi più eccitanti della scienza moderna, che portò l’uomo, per la prima volta, a contatto con la strana e inaspettata realtà del mondo subatomico. Ogni volta che i fisici interrogavano la natura mediante un esperimento atomico, la natura rispondeva con un paradosso, e quanto più essi cercavano di chiarire la situazione, tanto più acuto diventava il paradosso. Occorse molto tempo prima che i fisici accettassero l’idea che questi paradossi appartengono alla struttura stessa della fisica atomica e si rendessero conto che tali paradossi ricompaiono ogni volta che si tenta di descrivere un evento atomico nei termini tradizionali della fisica. Non appena compreso questo, essi cominciarono a imparare a porre le domande giuste e a evitare le contraddizioni. Secondo le parole di Heisenberg, ‘essi entrarono in qualche modo nello spirito della teoria quantistica’, e infine trovarono la formulazione matematica precisa e coerente di questa teoria.
I concetti della meccanica quantistica non erano facili da accettare, anche dopo che ne fu completata la formulazione matematica. Il loro effetto sull’immaginazione dei fisici era veramente sconvolgente. Gli esperimenti di Rutherford avevano mostrato che gli atomi, invece di essere duri e indistruttibili, consistevano di vaste regioni di spazio nelle quali si muovevano particelle estremamente piccole, e ora la meccanica quantistica chiariva che anche queste particelle non erano affatto simili agli oggetti solidi della fisica classica. Le unità subatomiche della materia sono entità molto astratte che presentano un carattere duale. A seconda di come le osserviamo, ora esse sembrano particelle, ora onde; e questa natura duale è presente anche nella luce, che può assumere l’aspetto di onde elettromagnetiche o di particelle.
Questa proprietà della materia e della luce è assai strana. Sembra impossibile accettare che qualcosa possa essere, nello stesso tempo, una particella – cioè un’entità confinata in un volume molto piccolo – e un’onda, che si estende su un’ampia regione di spazio. Questa contraddizione dette origine alla maggior parte dei paradossi di tipo koan che infine condussero alla formulazione della teoria dei quanti. L’intero processo ebbe inizio quanto Max Planck scoprì che l’energia della radiazione termica non è emessa in maniera continua, ma si presenta sotto forma di ‘pacchetti di energia’. Einstein chiamò ‘quanti’ questi pacchetti di energia e riconobbe in essi un aspetto fondamentale della natura. Egli fu tanto ardito da postulare che la luce e tutte le altre forme di radiazione elettromagnetica possono presentarsi non solo come onde elettromagnetiche ma anche sotto forma di quanti. I quanti di luce, che dettero il nome alla meccanica quantistica, sono stati in seguito accettati come particelle vere e proprie e ora vengono chiamati fotoni. Ma si tratta di particelle di tipo speciale, prive di massa e sempre in moto alla velocità della luce.
L’apparente contraddizione tra la rappresentazione corpuscolare e quella ondulatoria fu risolta in un modo del tutto inaspettato che mise in discussione il fondamento stesso della concezione meccanicistica del mondo: il concetto di realtà della materia. A livello subatomico la materia non si trova con certezza in luoghi ben precisi, ma mostra piuttosto una ‘tendenza a trovarsi’ in un determinato luogo, e gli eventi atomici non avvengono con certezza in determinati istanti e in determinati modi ma mostrano una ‘tendenza ad avvenire’. Nel formalismo della meccanica quantistica, queste tendenze sono espresse come probabilità e sono associate a quantità matematiche che prendono la forma di onde; ecco perché le particelle possono essere allo stesso tempo onde.
Esse non sono onde tridimensionali ‘reali’, come le onde sonore o le onde nell’acqua, ma sono ‘onde di probabilità’, quantità matematiche astratte che hanno tutte le proprietà caratteristiche delle onde e sono legate alle probabilità di trovare le particelle in particolari punti dello spazio e in particolari istanti di tempo. Tutte le leggi della fisica atomica sono espresse in funzione di questa probabilità. Non possiamo mai prevedere con certezza un evento atomico: possiamo solo dire quanto è probabile che esso avvenga.
Sull’inadeguatezza delle parole
L’uomo per sua natura è trascendente, sconfina in quella dimensione in cui emerge la sfera del pensiero, egli non è perciò in grado di soddisfare tutte le sue esigenze perché queste non si sostanziano solamente in bisogni materiali. Leggi tutto “Sull’inadeguatezza delle parole”
“La salute dipende dall’essere in armonia con la nostra anima”
Salute è la nostra eredità, il nostro diritto, è la completa e piena unione fra Anima, Mente e Corpo, e questo non è un ideale difficile e irraggiungibile, ma talmente facile e naturale che parecchi di noi l’ hanno trascurato. Tutto ciò che è terreno è soltanto l’interpretazione di ciò che è spirituale. L’atto più piccolo e insignificante ha uno scopo divino.
Ognuno di noi ha una missione divina in questo mondo, e le nostre anime utilizzano le nostre menti e i corpi come strumenti per compiere questo scopo, cosicché quando tutti e tre stanno lavorando all’unisono, il risultato sarà la salute e felicità perfetta.
Una missione divina non significa sacrificio, il ritirarsi dal mondo, il rifiutarsi le gioie della bellezza e della natura; al contrario significa fare il lavoro che amiamo, farlo con tutto il nostro cuore e la nostra anima, o fare la casalinga, l’agricoltore, il pittore, l’attore o servire il nostro prossimo nei negozi o nelle case.
E questo lavoro, qualunque sia, se lo amiamo più di qualunque altro, è l’ordine preciso della nostra anima; il lavoro che abbiamo da fare in questo mondo nel quale noi soli possiamo essere veramente noi stessi, interpretando in modo comune materialistico il messaggio di quel vero sé.
Quindi possiamo valutare dalla nostra salute e felicità quanto bene stiamo interpretando questo messaggio.
Ci sono tutti gli attributi speciali nel perfetto uomo, veniamo in questo mondo per manifestarli uno alla volta, per perfezionarli e fortificarli affinché nessuna esperienza, nessuna difficoltà possa indebolirci o distrarci dall’adempimento di questo scopo. Scegliamo l’occupazione terrena e le circostanze esterne che ci daranno l’opportunità migliore per metterci alla prova; giungiamo alla piena realizzazione del nostro lavoro particolare: veniamo con l’impensabile privilegio di sapere che tutte le nostre battaglie sono vinte prima di essere combattute, che la vittoria sia certa prima che arrivi alla prova, perché sappiamo che siamo figli del creatore, e come tali siamo divini, imbattibili e invincibili. Con questa conoscenza, la vita è una gioia; le privazione e le esperienze possono essere considerate come avventure, perché dobbiamo soltanto renderci conto del nostro potere, essere fedeli alla nostra Divinità, quando quelle si dissolvono come foschia nella luce del sole. In verità Dio diede ai suoi figli dominio su tutte le cose.
Le nostre anime ci guideranno solo se presteremo loro ascolto, in ogni circostanza per ogni difficoltà e la mente e il corpo così diretti andranno avanti nella vita irraggiando la felicità e la salute perfetta, liberi da tutte le preoccupazioni e responsabilità.
