Quando i mistici orientali ci dicono che essi percepiscono tutte le cose e tutti gli eventi come manifestazioni di una fondamentale unicità, ciò non significa che essi asseriscano che tutte le cose sono uguali. Essi riconoscono l’individualità delle cose, ma nello stesso tempo sono consapevoli che tutte le differenze e tutti i contrasti sono relativi, all’interno di un’unità che tutto comprende. Poiché nel nostro stato di coscienza normale questa unità di tutti i contrasti – e in particolare unità degli opposti – è estremamente difficile da accettare, essa costituisce uno degli aspetti più sconcertanti della filosofia orientale. Tuttavia è un’intuizione che sta alle radici stesse della concezione orientale del mondo.Gli opposti sono concetti astratti che appartengono al mondo del pensiero e in quanto tali sono relativi. Con il solo atto di concentrare la nostra attenzione su un qualsiasi concetto noi creiamo il suo opposto. Come dice Lao-tzu “tutti nel mondo riconosciamo il bello come bello; in questo modo si ammette il brutto: Tutti riconosciamo il bene come bene; in questo modo si ammette il non-bene”. Il mistico trascende questo mondo dei concetti intellettuali, e nel trascenderlo diventa consapevole della relatività e del rapporto polare di tutti gli opposti. Egli si rende conto che buono e cattivo, piacere e dolore, vita e morte non sono esperienze assolute che appartengono a categorie diverse, ma sono semplicemente due facce della stessa realtà: le parti estreme di un tutto unico. Raggiungere la consapevolezza che tutti gli opposti sono polari, e quindi costituiscono un’unità, è considerato nelle tradizioni spirituali dell’oriente una delle più alte mete dell’uomo. “Sii eterno nella verità, al di là delle opposizioni terrene” è il consiglio di Krsna nella Bhagavad Gita, e lo stesso consiglio viene dato ai seguaci del Buddismo. Per esempio, D.T.Suzuki scrive: “L’idea fondamentale del Buddismo è di superare il mondo degli opposti, un mondo costruito dalle distinzioni intellettuali e dalla corruzione delle emozioni, e di comprendere il mondo spirituale della non- distinzione, che comporta il conseguimento di un punto di vista assoluto”.
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I fisici moderni dovrebbero perciò essere in grado di raggiungere una comprensione profonda di alcuni dei principali insegnamenti dell’Estremo Oriente col metterli in relazione con le esperienze che essi hanno nel loro specifico settore di studio. In effetti, un piccolo ma crescente numero di giovani fisici ha trovato così il più valido e stimolante approccio al misticismo orientale. Nella fisica moderna, esempi di unificazione di concetti opposti si possono trovare a livello subatomico, dove le particelle sono sia distruttibili sia indistruttibili, dove la materia è sia continua sia discontinua e dove forza e materia sono soltanto aspetti diversi dello stesso fenomeno.
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Posti di fronte a una realtà che giace al di là della opposizione dei concetti, i fisici e i mistici devono adottare un modo di pensare particolare, nel quale la mente non si fissa nello schema rigido della logica classica, ma continua a muoversi e spostare il suo punto di vista. Nella fisica atomica, per esempio, attualmente siamo abituati a usare sia il concetto di particela sia quello di onda nella nostra descrizione della materia. Abbiamo imparato a destreggiarci con queste due rappresentazioni, passando dall’una all’altra e viceversa, per essere all’altezza della realtà atomica. Questo è precisamente il modo di procedere dei mistici orientali quando cercano di interpretare la loro esperienza di una realtà al di là degli opposti. Come dice il Lama Govinda, “il modo orientale di pensare consiste soprattutto nel girare intorno all’oggetto della contemplazione… un’impressione sfaccettata, cioè pluridimensionale che si forma dalla sovrapposizione di singole impressioni ottenute da punti di vista differenti”.
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Niels Bohr fu ben consapevole della corrispondenza tra il suo concetto di complementarità e il pensiero cinese. Durante una sua visita in Cina, nel 1937, quando la sua interpretazione della meccanica quantistica era già stata completamente elaborata, egli fu profondamente colpito dall’antica idea cinese di opposti polari, e da allora conservò un profondo interesse per la cultura orientale. Dieci anni più tardi fu fatto nobile in riconoscimento dei suoi notevoli risultati scientifici e per gli importanti contributi alla vita culturale danese; e quando gli fu chiesto di scegliere un soggetto adatto al suo stemma, la sua scelta cadde sul simbolo cinese del T’ai Chi che rappresenta la relazione di complementarità degli archetipi opposti Yin e Yang. Scegliendo questo simbolo per il suo stemma assieme al motto Contraria sunt complementa (gli opposti sono complementari), Niels Bohr riconobbe una profonda armonia tra l’antica saggezza orientale e la scienza occidentale moderna.