La foglia di leccio

Quella piccola foglia di leccio emersa all’improvviso dalle pagine di un libro fece affiorare ricordi giunti da lontano o più semplicemente presenti, ma al di là del tempo…

Era solita percorrere il viale dei lecci, così lei lo chiamava, lo amava in ogni stagione, in ogni attimo poteva coglierne i pregi. I lecci per lei avevano il sapore dell’eternità. La forte tenacia di quei tronchi scuri e rugosi, l’esplosione della fioritura primaverile e la forma armoniosa delle bacche erano per lei fonte costante di ammirazione. Provava una tale sincera affezione verso quegli alberi come per le aspidistre.

Quelle piante sempreverdi dalle lunghe foglie lanceolate che emergevano dal terreno andavano a comporre un fitto manto nei giardini ombrosi, così fitto da essere da taluni considerato lugubre, ma non per lei perchè in quelle lunghe foglie verdi percepiva una forza vibrante della natura, quasi una presenza discreta e costante, una sorta di immortalità.

Immersa in quella natura, all’ombra di quegli alberi considerati dai più quasi di categoria inferiore, lei si sentiva risvegliata come se i sensi si espandessero. All’ombra dei lecci si sentiva elevare in una dimensione d’attesa, così lei la definiva, i suoi sensi erano potenziati, percepiva l’aspetto più sublime di tutto ciò che la circondava, era però una sensazione solo passeggera. Sapeva comunque che quella precarietà le permetteva di carpire attimi eterni, attimi infiniti perché appartenenti alla vera realtà, la realtà infinita. Era certa di quella realtà perché tratteneva in sé gli effetti prodotti. Era consapevole di entrare in contatto con la bellezza, cioè la vera essenza delle cose che vedeva. I lecci e le aspidistre erano per lei un tramite privilegiato per entrare in contatto con dimensioni più sottili. Tutto riemergeva alla sua mente e pareva diffondersi in contorni da sogno, una tensione destava il suo essere, si sentiva in simbiosi con l’ambiente circostante, diventava parte della natura, ne percepiva il respiro…

Si sentiva parte del ritmo vitale degli scoiattoli, nelle loro scorribande festose, percepiva la vibrazione dei rami scossi dal loro passaggio, si sentiva parte di quel raggio di sole che illuminava le chiome al tramonto e di quelle cime assolate che carpivano gli ultimi raggi di sole e percepiva con loro l’allontanamento di quel caldo tepore e il sopraggiungere dell’umida frescura che emerge dal tappeto di foglie e dagli umori della terra.

Percepiva l’umidore del suolo e diventava parte di quell’essenza di terra e muschio che, al calar del sole, s’espandeva nell’aria. Arginava l’eco dei suoni notturni, si disperdeva nell’armonia vocale degli insetti, poi, giunta nel silenzio a contare le stelle del cielo si rifletteva , diafana, nel riflesso lunare. Si ritrovava all’improvviso fra le onde del mare a dondolarsi nell’onda silenziosa e giungeva infine ad assaporare la pace della notte. Ora poteva riposare nel pensiero degli amanti che confondono i loro passi al chiar di luna.