Istruzioni per una battaglia d’autore

Decise un giorno, lui, l’autore, di scrivere un libro…

Procedeva lentamente sapendo di dover riempire una pagina dopo l’altra, sapeva però in cuor suo che ogni pagina doveva contenere degli elementi utili. Non poteva permettersi il lusso di sprecare neppure un solo foglio perché sapeva che i fogli a disposizione per il suo romanzo erano contati. Avrebbe potuto procedere a delle correzioni, avrebbe potuto cancellare degli errori o tirare penosamente una riga sopra i periodi sballati, ma non poteva buttare neppure uno di quei fogli perché avrebbe rischiato di non portare a termine il suo libro. Egli era consapevole di ciò e si comportava come se conoscesse bene la preziosità di quei fogli.

Quei semplici fogli di carta avevano un fascino particolare, sarebbero divenuti involontari testimoni di gioie e dolori, successi e sconfitte, avrebbero assunto un valore inestimabile, sarebbero stati indispensabili, l’uno per l’altro, indissolubilmente legati; anche se un colpo di vento avesse fatto volare quei fogli confondendo l’ordine naturale progressivo dei numeri delle pagine, in seguito, lui, l’autore, non avrebbe faticato a ricomporre la pila dei fogli.

Anche se non avesse posto in calce a matita il numero della pagina, avrebbe comunque trovato il senso che legava quei fogli e avrebbe ricomposto senza fatica quel mosaico sparso…

 

Le lettere armate erano pronte per la dichiarazione di guerra: scorrevano in fila con ordine seguendo diligentemente le linee del campo che, come una serie ordinata di trincee, mettevano in evidenza piccoli soldati.

A prima vista avevano tutta l’aria di essere innocui, se ne stavano lì, educatamente sull’attenti ognuno manteneva il suo spazio vitale senza invadere quello altrui.

Uno sguardo superficiale e disattento poteva confondere la pericolosità di quello schieramento, eppure lui, l’autore, aveva conferito loro un tale potere che aveva la caratteristica dell’invincibilità.

Apparivano invulnerabili queste piccole lettere schierate.

Il grande potere che veniva esercitato era costituito semplicemente dalla loro unione, e questa unione non era casuale.

Era stato lui, l’autore, a creare una specie di filo conduttore che univa le lettere e l’aveva fatto con una tale maestria che il tutto non appariva come un’accozzaglia insulsa di lettere e segni di punteggiatura, no, il tutto palesava una grande armonia.

L’unione di queste lettere esprimeva un concetto chiaro, difficilmente avrebbe potuto essere contraddetto.

Eppure sotto l’apparenza di questa semplicità traspariva una grande lotta e la tattica strategica adottata per la giusta disposizione delle lettere era stata frutto di un lavoro molto impegnativo.

La disposizione nelle piccole trincee raramente subiva dei cambiamenti, per la maggior parte delle volte risultava definitiva e irreversibile.

Le piccole lettere stavano lì pronte a dar battaglia.

Erano fiere e consapevoli del loro compito, ne andava del loro onore, ognuna di loro avrebbe combattuto fino alla fine. Ognuno di loro sapeva bene in cuor suo che la sua identità avrebbe potuto essere stravolta. Sia l’aspetto esteriore, che in teoria non avrebbe potuto e dovuto essere contraddetto, sia la sostanza che era stata conferita dall’autore medesimo, avrebbero potuto in realtà essere completamente fraintese…

Ma la vera sostanza delle lettere nel tempo rimaneva inalterata a patto naturalmente che nessuno avesse manomesso la disposizione originale delle trincee.